Le recensioni false sono un reato. Stai attento a non farne uso se hai un’attività e, se sei un utente, pensa bene a cosa scrivi e condividi sul web. Le pene possono essere severe.
Ormai da diversi anni è vera e propria prassi, da parte del popolo di internet, affidarsi alle recensioni per valutare se usufruire o meno dei servizi dell’una o dell’altra struttura. Da un lato questo è un bene: i discorsi che ruotano intorno a un’azienda contribuiscono alla sua notorietà e aiutano gli utenti a farsi un’opinione. Il problema nasce quando le recensioni e le opinioni prodotte all’interno di portali online risultano essere false o quando, addirittura, sfociano nel vero e proprio reato di diffamazione.
Se è vero che è necessario saper gestire e moderare i commenti per far sì che la brand reputation del nostro marchio ne guadagni, è altrettanto vero che, a fronte di calunnie, diffamazioni e recensioni inventate di sana pianta, bisogna sapersi difendere.
Lo stesso vale quando a lasciare le recensioni siamo noi: è bene, prima di agire d’impulso – magari presi dalla rabbia per una vacanza andata storta – sapere cosa può comportare a livello legale quell’attimo di sfogo sul web.
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Recensioni false. Cosa si rischia?
Se una sedicente società di servizi ti ha contattato e ti ha offerto un bel pacchetto di recensioni positive, oppure l’amico ristoratore ti ha proposto di arrotondare le entrate lasciando qualche bella recensione sul suo locale, sappi che come minimo stai rischiando di essere bannato o declassato dalla piattaforma che ti ospita, per violazione delle regole contrattuali sottoscritte al momento dell’iscrizione.
Non solo, se elogi una struttura o un locale dove non ti sei mai recato e magari lo fai addirittura per professione, potresti subire un procedimento penale. Ne vale la pena?
Recensioni e falsi feedback. Si rischia la reclusione
Scrivere recensioni false è reato, quello di «sostituzione di persona» [Art. 494 cod. pen.], per il quale si rischia la reclusione fino a un anno.
Vendere falsi feedback sui social media o su una piattaforma di servizi può far scattare un processo penale e a denunciare potrebbe essere un concorrente sospettoso o la stessa piattaforma su cui è stato inserito il testo.
Questo accade perché si tratta di comportamenti truffaldini che generano danni sia alla concorrenza, sia alla credibilità della stessa piattaforma. La concorrenza sleale, in questo caso, può autorizzare un competitor a chiedere anche un risarcimento.
Recensioni negative e reato di diffamazione
Se la vendita di recensioni positive può portare problemi a dir poco fastidiosi, lasciarsi andare a recensioni negative in maniera offensiva e poco controllata, può portare ad una vera e propria querela.
Chi offende la reputazione, la dignità o l’onore di un’altra persona utilizzando Facebook o una qualsiasi piattaforma online, si macchia del reato di diffamazione aggravata perché chiunque può leggere l’offesa. Insultare una persona su un social network equivale a oltraggiarla pubblicamente, come se ci trovasse in una piazza affollata. Nel caso di un’attività o di un esercizio commerciale la questione non cambia.
Bisogna allora avere timore di lasciare feedback negativi? Assolutamente no.
Le piattaforme e i social che consentono di lasciare dei feedback sono certamente utili e apprezzate, non solo perché ci aiutano ad orientarci nella scelta, ma anche perché spesso ci consentono di levarci qualche fastidioso sassolino dalla scarpa. Come accade nella vita di tutti i giorni però, non bisogna trascendere. Bisogna saper usare, semmai, un linguaggio composto, che si attiene ai fatti e che non si abbandoni a meschine valutazioni sulla moralità delle persone coinvolte.
Scrivere di un commerciante che è un truffatore è sicuramente poco raccomandabile, piuttosto, scrivere che al momento di pagare il conto vi sono stati addebitati servizi mai goduti è certamente corretto, utile per chi vi legge e consentito.
La recensione negativa su internet non è diffamazione
Esattamente. Una recensione negativa di un bar, di un ristorante o di una struttura alberghiera, anche quando è pungente non è necessariamente da considerarsi diffamatoria. Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Pistoia [sent. del 16.12.2015.] che ha sottolineato il fatto che “il gestore di un esercizio pubblico, operando sul mercato, accetta anche il rischio che i propri servizi non siano graditi e vengano, pertanto, criticati”.
Importante è mantenere sempre la misura. Non scadere nell’offesa personale, nell’ingiuria, nel giudizio morale sul singolo esercente.
Del resto, il Tribunale di Pistoia lo ribadisce, la liberà di parola e di pensiero comprende anche quella di “valutazione” e di “recensione”. Dunque, non c’è alcun reato nell’esprimere considerazioni critiche sulla qualità dei servizi offerti da un locale. Quando ci si affaccia sul mercato con una propria attività è normale esporsi anche alle critiche. Fa parte del gioco!
E se condivido un articolo diffamatorio sulla mia bacheca facebook?
La musica non cambia. Se è vero che la libertà di parola è un diritto inalienabile è anche vero che noi abbiamo sempre la responsabilità di quanto diciamo e, in questo caso, contribuiamo a diffondere.
“Quando si condivide sulla propria bacheca un post offensivo altrui è pacifica per la Giurisprudenza la configurazione del reato di Diffamazione Aggravata ex Art. 595, comma 3, C.P. in quanto il gesto compiuto è sicuramente cosciente e volontario, volto inoltre ad aumentare la visibilità del post offensivo mediante la sua visualizzazione da parte di tutti i nostri contatti”.
Insomma, non solo stiamo esprimendo (seppur per bocca altrui) un’opinione, ma stiamo addirittura contribuendo a diffondere l’idea che sottende a questa opinione.
Stiamo quindi sempre bene attenti a cosa scriviamo e a come ci esprimiamo. Un dato, perché sia da considerarsi valido, deve essere sempre oggettivamente reale e non dettato dall’impressione personale che ci siamo fatti.
Fonti: La legge per tutti; Diffamazione OnLine
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Articolo molto interessante e completo! Complimenti a chi l’ha scritto.